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normativa
03/01/2024

Esistono limiti di legge ai canoni di affitto?

Il caro affitti è un problema che affligge molti cittadini, specie coloro che per scelta o per necessità devono affittare un appartamento in una grande città dove i canoni sono particolarmente elevati. Per andare incontro alle esigenze degli affittuari o inquilini, lo Stato con la legge n.392 del 27 luglio 1978, fissò dei limiti massimi ai canoni di locazione per immobili ad uso abitativo nella misura del 3,85% del valore locativo dell'immobile, con una possibile maggiorazione massima del 30% in caso di unità immobiliari affittate completamente arredate. Tali limiti sono stati però abrogati dalla legge n.431 del 9 dicembre 1998 e quindi oggi i canoni di affitto per immobili ad uso abitativo sono liberi. Esistono però delle eccezioni sulla base della tipologia di contratto che viene scelta. Per i contratti cosiddetti a canone libero, solitamente della durata di 4+4 anni, non sono fissati limiti legali minimi o massimi e, quindi, le parti possono liberamente concordare il canone mensile che deve però essere chiaramente indicato nel contratto di locazione. Discorso differente, invece, nel caso di contratti di locazione a canone concordato che prevedono precisi limiti fissati sulla base di Accordi Territoriali tra le diverse associazioni di categoria di locatori e conduttori che ogni Comune è tenuto a sottoscrivere. Tale tipologia di contratto, che tra l'altro può avere durata differente a seconda dei casi con un minimo compreso tra 1 a 18 mesi per i contratti transitori e tra 6 e 36 mesi per quelli per gli studenti universitari, prevede che le parti si accordino su un canone mensile inferiore rispetto agli standard del mercato, senza in ogni caso superare i limiti massimi territoriali.

Esistono anche dei limiti minimi nel calcolo dei canoni di locazione che riguardano gli immobili rientranti nella categoria catastale A (esclusi uffici e studi privati). In questi casi l'importo minimo del canone deve essere pari al 10% del valore catastale dell'immobile. La determinazione del valore catastale dell'immobile viene eseguita mediante rivalutazione del 5% della rendita catastale risultante dalla visura catastale, per un coefficiente che cambia a seconda della categoria di appartenenza dell'immobile. Tale coefficiente, ad esempio, è pari al 110 per le abitazioni principali.

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